lager italiani by Alessandra Kersevan

lager italiani by Alessandra Kersevan

autore:Alessandra Kersevan
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: archivio ladri di biblioteche
editore: Grizli777
pubblicato: 2011-06-28T19:42:41+00:00


«Mentre questa lunga catena di relitti umani era in attesa [del rancio], venivano ispezionate le tende da parte delle guardie che vi trovavano alcuni prigionieri, incapaci di alzarsi perché già in condizioni fisiche precarie; venivano allora portati, con barelle oppure a braccia, alla minuscola infermeria e scaricati all'esterno e poi, uno alla volta, introdotti. Prima di parlare del tipo di assistenza che poi ricevevano, voglio dire qualcosa in merito alle tende dove i prigionieri passavano la notte: erano formate da sei teli normali come quelli in nostra dotazione, e avrebbero dovuto ospitare sei persone, invece dovevano starci in dodici, praticamente seduti senza poter allungare le gambe, una vera tortura. L'infermeria era gestita da tre infermieri e da un sottotenente della sanità, pure loro dell'esercito; dividevano con noi il piccolo spazio della baita e così eravamo spettatori di quanto veniva fatto a queste persone. Non erano sempre di uno stesso numero quelli che arrivavano tutte le mattine all'infermeria per essere rianimati, perché la cura era per tutti uguale: uno per volta introdotti nel minuscolo locale, venivano spogliati dei pochi vestiti che indossavano ed anche noi del servizio radio aiutavamo gli infermieri in questo ingrato lavoro.

Appena venivano levati loro i pantaloni non si poteva che rabbrividire, queste povere persone non erano più uomini ma larve umane, erano ridotti solo a ossa rivestite di pelle, la parte più grossa delle gambe erano le ginocchia; la testa con il collo che si poteva stringere con una mano, il torace e le anche, lasciavano intravedere la forma dello scheletro, gli infermieri non trovavano in tutto il corpo lo spessore necessario per poter infilare l'ago della puntura di canfora. Questa era tutta quanta la cura che si poteva fare loro, ed a quelli che non erano ancora in stato di coma, ed avevano i grandi occhi aperti, il tenente dava, di sua iniziativa, una mezza pagnotta che raccoglieva nelle mense ufficiali, quando si recava a Sebenico per fare scorta di fiale.

Non saprei dire se poi questo pezzo di pane sono riusciti a mangiarlo, certo sono sicuro non sarà andato perduto. Quelli che non riuscivano a camminare, venivano riportati nel recinto e, secondo il medico, non avevano che pochi giorni di vita...». (317)

Preoccupazione che le gravi malattie presenti nei campi di concentramento potessero diffondersi fra la popolazione fu espressa anche dall'alto commissario della Provincia di Lubiana, Emilio Grazioli. Così descriveva gli internati liberati da Rab in una sua lettera del 15 dicembre 1942:

«Mi riferiscono che in questi giorni stanno ritornando dai campi di concentramento, specialmente da Rab. Il medico provinciale ha avuto quattordici volte la possibilità di visitare un gruppo di internati ritornati da Rab. Ha constatato che tutti senza eccezione mostrano sintomi del più grave deperimento e di esaurimento, e cioè: dimagrimento patologico, completa scomparsa del tessuto grasso nella cavità degli occhi, pressione bassa, grave atrofia muscolare, gambe gonfie con accumulo di acqua, peggioramento della vita (retiniti), incapacità di trattenere il cibo, vomito, diarrea o grave stipsi, disturbi funzionali, autointossicazione con febbre.

Una tale situazione potrebbe causare



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